Le stagioni cambiano il paesaggio e modificano la presenza degli uccelli, tra la boscaglia e i vigneti, e lassù in alto nel cielo. In questo lungo viaggio all’interno del Carso abbiamo imparato a parlare la lingua degli umani, di chi ha dato vita ad attività artigianali, per traghettare l’arte manifatturiera nelle forme del commercio e del racconto. La terra rossa e le pietre bianche hanno indurito la scorza delle sue popolazioni e rinsaldato il rapporto degli uomini e delle donne con la Natura. Non c’è solo umanità, su questa Terra. Il punto di vista cambia ancora una volta, qui dove di notte si può sentire cantare l’usignolo e di giorno osservare le rondini in partenza per l’Africa. Le specie ornitologiche presenti sull’altopiano carsico sono numerose ma sbaglieremmo se considerassimo esclusivamente quelle osservabili in volo tra i camini dei paesi e i boschi maturi, tra le pinete ed il ciglione a picco sul mare: per avere il quadro completo, infatti, vanno alzati gli occhi al cielo. È lì, a centinaia di metri sopra il livello dell’Adriatico che in determinati periodi dell’anno, passano grandi (e in alcuni casi rumorosi) stormi di uccelli migratori, diretti verso altre destinazioni. È l’ennesima dimensione di questa terra e la suggestiva conferma di essere terra di passaggio, in qualche modo di confine. Il Carso non è solo terra da coltivare, o fiumi nel sottosuolo, grotte da esplorare o ancora fuochi accesi per celebrare i giorni di festa. Questa terra è anche il vento che gli uccelli sfruttano, quel cielo che lassù, troppo spesso ignoriamo.
Le cince: il cavallo di Troia della sensibilizzazione naturalistica
Sul Carso possiamo quindi parlare di cinciarella, cinciallegra, cincia bigia e nelle pinete è presente in buona salute anche la cincia dal ciuffo. Si trovano un po’ dappertutto, da quella zona che potremmo definire come l’altopiano centrale alle zone vicine ai centri abitati. Nell’ultimo periodo la coscienza naturalistica è sensibilmente migliorata e, nonostante la rigidità degli inverni soffra dei cambiamenti climatici, non capita di rado di vedere, appese sui balconi o nei pressi delle case, delle palline di grasso avvolte da una retina che vengono divorate dalle stesse cince.
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“Cif-ciaf” e dal rosso al verde: il canto del Luì piccolo e i picchi
Una specie particolarmente presente e stabile in Carso, oltre al classico fringuello, è anche il Luì piccolo. Uccello grande all’incirca una decina di centimetri e dal peso di ben otto grammi (che a ragione in questo caso potremmo definire piuma), questa specie ha tra le sue caratteristiche il suo canto che tradizionalmente viene tradotto “cif-ciaf-cif-cif-ciaf”. Tra i picchi presenti sull’altopiano e, va sottolineato, tutti protetti dalla legge, troviamo il picchio muratore, il picchio rosso maggiore, il picchio verde e il picchio nero.
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“Guarda un falco!”, perché le parole giuste sono importanti
Discorso un po’ diverso per i rapaci, anche per la necessità di tutela degli stessi e per la loro importanza nella catena alimentare. Quando vedete una sagoma volteggiare in lontananza o sopra le vostre teste non fate l’errore di esclamare “guardate, un falco”. Se siete in Carso, è molto probabile che vi troviate al cospetto di una poiana o, se più piccolo, di uno sparviere. In tutto il territorio della provincia di Trieste troviamo poi il gufo reale, nidificante e stabile. Sulle civette le informazioni scarseggiano e molto spesso il loro canto viene scambiato per quello dell’assiolo. Anche lui rapace, vive prevalentemente vicino alla città ed in Carso sembra essere quasi assente.
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Tra il Carso e il ciglione: le specie presenti e quelle scomparse
Nella zona del ciglione carsico e più in generale nelle aree aperte si può osservare lo zigolo muciatto e lo zigolo nero (con popolazione in aumento), come pure anche l’averla piccola. Per quest’ultima specie, passeriforme predatore, va tenuto in considerazione il suo stato attuale di conservazione, particolarmente a rischio a livello europeo. Tra le specie che non vengono segnalate da molto tempo troviamo l’allodola. Forse, secondo gli addetti ai lavori, “colui che canta” (questo il significato in sanscrito della parola bharadvaja) potrebbe tornare ad essere presente grazie a progetti di reintroduzione della landa carsica. Stesso discorso anche per il calandro. Tra i frigilidi più comuni in Carso vi sono il verzellino, il cardellino e il verdone comune mentre non è visibile con estrema facilità ma in alcuni casi ci si può imbattere anche in qualche upupa.
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I cambiamenti climatici: cosa ci sta dicendo la Natura
Molto spesso gli abitanti della città di Trieste confondono i rondoni e i balestrucci con le più celebri rondini. Se le prime due specie amano le zone vicino ai centri abitati, le seconde le troviamo ancora oggi in qualche vecchia stalla o nei sottotetti delle osmize. La differenza tra la città ed il Carso sta anche nella predisposizione umana di alzare gli occhi al cielo.
Gli stormi di specie migratorie come le gru, le oche (verso nord) e i cigni (a fine inverno) passano ciclicamente ma se sull’altopiano vengono immediatamente riconosciuti, le persone che vivono la città molto spesso ignorano la loro migrazione.
Tornando infine alle rondini, negli ultimi anni il loro numero in Carso (ma anche nel continente africano) ha sofferto una sensibile riduzione. D’altronde, Madre Natura sta trasmettendo il segnale di allerta da molto tempo.
Sta a noi umani decidere, una volta per tutte, di ascoltarlo.