Le spiagge più caratteristiche tra Trieste, Carso e Istria

Il Litorale che si apre alla vista dal ciglione carsico nasconde alcuni luoghi caratteristici dal punto di vista ambientale e durante la stagione estiva – ma non solo – diventa meta balneare tra le preferite dagli abitanti della zona. L’area che dal castello di Miramare segue la linea della battigia viene tradizionalmente chiamata con l’aggettivo “costiera”: è quando il Carso, cioè il futuro geoparco del Carso e l’area MAB Unesco di Miramare si frangono nel mare, dove la pietra pian piano si sbriciola, tra bora e onde.

La costiera, quindi, sono poco meno di dieci chilometri che separano la baia di Grignano a quella di Sistiana, si trovano alcuni tra i luoghi più suggestivi del panorama balneare del golfo di Trieste. Altresì, lo specchio di mare che bagna Trieste e la sua provincia avvolge anche la zona meridionale, quella che per intenderci giunge fino a Muggia e il tratto prima del confine con la Slovenia, nei pressi della località denominata Lazzaretto. Infine, tra la Costiera e la zona sud, c’è la città di Trieste che, se da un lato non si può definire un luogo dove fare facilmente il bagno, custodisce alcuni stabilimenti ancorati al tempo degli Asburgo. Il bagno alla Lanterna, chiamato dai triestini “Pedocìn”, è l’ultimo esempio in tutto il continente europeo della divisione degli spazi tra uomini e donne.

Le spiagge più caratteristiche – o generalmente i luoghi dove vivere la stagione balneare – vengono quindi ad inserirsi in un contesto, come già visto per il Carso e i le sue località più difficili da raggiungere, di affascinante complessità e costruito su secolari relazioni tra la costa e il retroterra. Nel ricostruire le loro memorie attraverso i numerosi elementi che le compongono nel presente, queste spiagge hanno il potere di restituire storie autentiche e piacevoli giornate in riva a quello che è uno dei punti più a nord del mare Mediterraneo.

Santa Croce

Il porticciolo adagiato in riva al mare ha un legame strettissimo con l’omonima località carsica. Dal paese, infatti, partono alcune lunghe scalinate che tradizionalmente venivano percorse dai pescatori del borgo per raggiungere le rispettive imbarcazioni. Sono migliaia di scalini che mettono in collegamento i due luoghi e sovrappongono storie e memorie legate al rapporto con il mare Adriatico.

Sono transumanze costiere che, a differenza del celebre brano di Fabrizio De André “Creuza de ma” capace di mettere in musica le mulattiere della costa ligure, sul confine orientale non hanno mai ricevuto celebri attenzioni o particolari omaggi artistici. Una volta messo piede nel porticciolo ricostruito dopo i bombardamenti del secondo conflitto mondiale, volgendo lo sguardo a sinistra, si giunge alla spiaggia di ciottoli bianchi. Vicino ad essa si trovano alcune baracche costruite dai soldati britannici nel periodo in cui, tra il 1945 ed il 1954, la guarnigione anglo-americana controllò Trieste e la sua provincia.

Nel suo porticciolo aveva vissuto anche un artista di strada di origini spagnole che aveva trasformato la sua barca a vela nella sua abitazione. Sostava per molti mesi in questo mandracchio e, con l’avvicinarsi dell’autunno, mollava le ancore e si dirigeva verso zone più meridionali del Mediterraneo come la Sicilia o l’isola di Malta. Qualche anno fa, il cantautore The Leading Guy, scrisse un brano musicale per omaggiarne la figura e la bontà. Per vivere, infatti, Jordi Ribas regalava attimi di felicità ai bambini, suonando la chitarra vestito da clown.

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Concessione ex Liburnia

In questo tratto di mare chiamato Liburnia si possono ammirare le vene d’acqua dolce che riemergono dal sottosuolo fondendosi con l’Adriatico. Anche in questo caso – ma la zona ne è piena – si manifesta il legame tra il Carso e il litorale, tra l’altopiano e la costa. Liburnia è zona naturista, quindi prendere il sole significa svestirsi completamente. L’accesso alla zona è decisamente complesso ma l’atmosfera e la calma che qui si respirano meritano un po’ di sacrificio. Seguendo la strada costiera in direzione di Venezia, poco prima della cosiddetta “Galleria naturale”, sulla sinistra c’è un piccolo parcheggio. Da qui parte un sentiero ripido ed attrezzato che dopo un po’ ritorna ad essere percorribile con maggiore facilità.

Una volta giunti quasi nei pressi della spiaggia, si viene circondati da agavi, rosmarini, santoreggia e un’infinità di ulteriori erbe aromatiche che spontaneamente crescono a pochi passi dal mare. Durante il periodo estivo qui vive una sorta di “colonia” umana che nel corso dei decenni si è presa a cuore la località e ne ha mantenuto l’affascinante spirito d’altri tempi. È un luogo che difficilmente troverete sulle brochure turistiche, né tantomeno nelle guide tradizionali. Raggiungere questa spiaggia è possibile solamente (e fortunatamente) a piedi.

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Canovella degli zoppoli

Oggi come oggi non vengono più realizzati ma fino a qualche decennio fa, il porticciolo di Canovella era il luogo dove venivano varati gli zoppoli (čupa in lingua slovena), imbarcazioni di legno ricavate da un unico e grande tronco. Questi particolari monossili servivano ai pescatori sloveni del Carso, che come a Santa Croce anche qui giungevano a piedi dal borgo di Aurisina, per portarsi al largo.

La spiaggia di Canovella è la più vasta di quelle che si possono trovare nella zona della cosiddetta “Costiera” triestina. Le sere d’estate gruppi di giovani si ritrovano qui per accendere piccoli falò e, tra una grigliata improvvisata e canzoni accompagnate da qualche chitarra, passano le notti lontano dalla “movida” urbana. È un luogo frequentato da molti triestini ma scegliendo il momento giusto – vale la regola del fuori stagione o dei giorni feriali – si può facilmente ritrovare la pace che abbiamo tentato di descrivere in questo articolo.

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Val Rosandra

Tecnicamente non possono essere definite “spiagge” ma nelle giornate di canicola estiva sono molti i triestini che scelgono le pozze più vicine alla sorgente del torrente Rosandra (Glinščica in sloveno) per rinfrescarsi e passare momenti all’insegna del tempo libero. Incastonate all’interno dell’omonima Riserva Naturale, le pozze regalano temperature fluviali all’ombra di una vegetazione tipicamente carsica ed osservate speciali da parte dei branchi di capre che liberi scorrazzano negli ambienti della Valle.

Una zona che, grazie alla scuola di alpinismo fondata durante il Ventennio fascista da Emilio Comici, è diventata una naturale palestra di roccia frequentata da moltissimi scalatori. Il torrente Rosandra ha infatti scavato una valle che racchiude in sé la maggior parte degli elementi caratteristici dell’ambiente alpino. Tra un tuffo nelle acque dalla temperatura “frizzante” ed il passaggio di qualche rocciatore, non mancano gli avvistamenti di qualche affascinante rapace che qui trova le condizioni naturali per poter nidificare e mantenere in vita la propria specie.

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Spiaggia del Principe

Nonostante questa località possa essere tranquillamente inserita nel capitolo dedicato ai luoghi difficili da raggiungere, infilare gli scarponi per togliersi in riva al mare è un’esperienza che merita uno sforzo particolare. La spiaggia cosiddetta del “principe”, infatti, è adagiata sotto lo sperone di roccia dove i nobili Torre e Tasso, incaricati dagli Asburgo di gestire il servizio postale durante l’Ottocento, decisero di erigere il castello che ancora oggi è la loro dimora.

Alla fine del sentiero intitolato al poeta Rainer Maria Rilke a Duino, parte una traccia che conduce ad una delle spiagge più suggestive di tutto il golfo di Trieste e, forse, dell’intero mare Adriatico. La traccia risulta attrezzata, nel senso che in alcuni punti sono state posizionate delle corde per poter scendere verso il mare in sicurezza. La difficoltà nel raggiungere questa lingua di ciottoli bianchissimi viene ripagata dallo spettacolo che il visitatore si trova davanti, una volta giunto a pochi metri dalla spiaggia.

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Pedocìn 

Esiste una spiaggia nel cuore di Trieste che mantiene orgogliosamente la divisione tra uomini e donne. Lo stabilimento “La Lanterna”, per tutti i triestini “Pedocìn”, rappresenta l’ultima barriera di genere, parlando di balneazione estiva, tra i due sessi. A differenza delle storpiature che molti quotidiani nazionali tendono a diffondere attraverso articoli che puntano al sensazionalismo (o volutamente alla contrapposizione tra i due elementi), la storia di questo luogo così fuori dal tempo è espressione di un autentico desiderio di autonomia e di spensieratezza.

Da un lato si trovano mamme, nonne, commesse dei negozi, dirigenti d’azienda o libere professioniste, dall’altro uomini soli, scrittori, amanti della solitudine e molto altro. L’assenza di discriminazione è confermata dalla possibilità, per la coppia, di ritrovarsi in acqua dopo essersi divisi all’entrata. Nello specchio di mare galleggia infatti una linea di boe che delimitano i due spazi. Una barriera che si mantiene in vita nel rispetto delle reciproche libertà.

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Lazzaretto

A pochi chilometri da Muggia e a qualche centinaio di metri dal confine con la Slovenia esiste il bagno “al Lazzaretto”, stabilimento chiamato così in virtù della presenza, nel passato, di un vero e proprio lazzaretto dove venivano confinati i contagiati. È l’estremo lembo orientale d’Italia ed è parte di un territorio che non può non venir considerato sulla base dei legami con la zona subito oltre la frontiera.

Dopo aver visitato Muggia ed aver passato qualche ora nella zona del Lazzaretto, ecco che allora varcare il valico confinario e dirigersi verso l’area chiamata Punta Grossa, diventa vivida rappresentazione di un limes che rimane scolpito solamente nell’immaginario dei costruttori di barriere. A due passi da Lazzaretto si può passeggiare tra i vigneti ed arrivare, dopo qualche minuto, nella spiaggia sottostante al piccolo altopiano sul mare. Un luogo che, parlando di litorale e di territorio, integra la visione socioculturale di quest’area: il Carso, come il mare, in questa Italia orientale, è semplicemente occidente sloveno. È solo questione di punti di vista.

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